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Perché si dice: “Toccare ferro”?

Continua il nostro viaggio nelle origini dei modi di dire più diffusi. Oggi vogliamo spiegarvi perché si dice: “Toccare ferroe da dove deriva questa espressione tanto gettonata in molteplici contesti.

Per evitare che la “sfiga” abbia la meglio, spesso si incita il prossimo a “Toccare ferro“. Una sorta di antidoto contro ciò che non è considerato di buon auspicio. Ma quale è l’origine?

Deriva da un’antica simbologia legata ai ferri di cavallo. Nel Medioevo si usava, infatti, inchiodarne uno alla porta – con un numero dispari di chiodi -, con le due estremità rivolte verso l’alto, come portafortuna per allontanare streghe e similari.

Col tempo, poi, per trasposizione è rimasta la credenza che, toccando ferro, ci si possa proteggere in toto dalla sfortuna: uno scudo contro il male. E da allora per scongiurare ogni pericolo… è sempre meglio “toccare ferro”, qualsiasi tipologia (non per forza un ferro di cavallo)!

Su questo comportamento scaramantico vi è la testimonianza di Franco Sacchetti. Proprio lui, in una novella ambientata nel XIV secolo a Firenze, racconta dell’uso apotropaico del “ritocco” da parte del superstizioso Lapaccio di Geri da Montelupo:

Quando uno gli avesse detto: ‘Il tale è morto’, e avesselo ritocco con la mano, subito volea ritoccare lui; e se colui si fuggía, e non lo potea ritoccare, andava a ritoccare un altro che passasse per la via, e se non avesse potuto ritoccare qualche persona, averebbe ritocco o un cane, o una gatta; e se ciò non avesse trovato, nell’ultimo ritoccava il ferro del coltellino; e tanto ubbioso vivea che se subito, essendo stato tocco, per la maniera detta, non avesse ritocco altri, avea per certo di far quella morte che colui per cui era stato tocco, e tostamente

Vero o non vero che sia, cari lettori, allora, “toccate ferro”… non si sa mai!

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